La classificazione tra costi fissi e variabili è una delle più utilizzate nell’analisi aziendale. E per una buona ragione. Infatti è importante conoscere quali costi sono connessi al tuo lavoro e soprattutto il loro ammontare. E lascia che ti dica una cosa: nessuna attività è troppo piccola per trarne beneficio.
Anche se sei un libero professionista o hai un piccolo negozio hai dei costi. Comprendere da cosa derivino, come la tua attività influisca su di loro e come puoi intervenire ti aiuta a migliorare, crescere e soprattutto, riconoscere i problemi prima che si presentino.
Ho diversi amici che hanno aperto la Partita Iva e si lamentano di non riuscire a fronteggiare i costi. Dopo aver pagato le tasse e i fornitori praticamente non avanzano nulla. Indagando un po’ ho scoperto che in molti casi in fase di preventivo non hanno tenuto conto di tutti i costi. E non si sono mai fermati un attimo a pensarci.
Chiaramente l’analisi di una piccola attività sarà più breve di quella di una grossa azienda. E ci si potrà permettere un maggior grado di approssimazione. Ma sarà comunque utile a pianificare il futuro.
Quindi iniziamo a porre le basi per l’analisi della tua attività.
Indice dei contenuti
I costi fissi
Come suggerisce il loro nome, i costi fissi sono quelli che non cambiano. Che sono sempre uguali, indipendentemente dall’ammontare del tuo lavoro, dal numero e le dimensioni dei progetti che realizzi o del numero di beni che produci.
Un tipico esempio di costo fisso è l’affitto dei locali in cui svolgi la tua attività (che sia uno studio, un bar, un capannone non cambia). Se il contratto stabilisce che devi pagare 1.000 Euro al mese saranno 1.000 sia che tu lavori 2 giorni e fatturi 200 Euro, sia che lavori 30 giorni e fatturi 50.000 Euro. Più fisso di così.
Altri costi fissi sono quelli per il commercialista e il consulente del lavoro. In alcuni casi potrebbero essere influenzati da alcuni fattori temporanei. Ad esempio un picco di lavoro potrebbe portare ad un aumento delle assunzioni e di conseguenza un aumento dell’onorario delle studio paghe. Ma per il 99% delle piccole attività questo non succede.
Se volessimo rappresentare questi costi in un grafico, sarebbe una linea retta:

Costo del personale
La classificazione del costo del personale merita una riflessione a parte. Esso infatti è in parte fisso, ma in alcuni casi in parte dipende dalla quantità di lavoro, e quindi variabile.
La segretaria di uno studio medico infatti riceverà lo stesso stipendio sia che nel mese vengano effettuate 10 visite sia che ne effettuino 100. Mentre un’operaia un mese potrebbe lavorare 160 ore e un altro 180, per far fronte a un aumento delle richieste. Il suo costo quindi dipende dalla quantità di lavoro.
Tuttavia, in caso di micro e piccole imprese generalmente possono essere considerati tutti fissi, quindi mettiamoli in questa categoria per intero senza impazzire. È solo importante che tu capisca che non sempre le cose sono così nette.
L’aumento dei costi fissi
I costi fissi non sono influenzati dalle quotidiane fluttuazioni del lavoro. Questo però non significa che restino immutati vita natural durate. Se le cose vanno bene e l’attività cresce infatti dovrai prendere un ufficio più grande, acquistare un nuovo macchinario o assumere 10 nuovi dipendenti in pianta stabile.
Tutti questi eventi creano un aumento dei costi fissi, che però poi restano stabili anche se il lavoro aumenta. Finché non sarai arrivato al punto in cui la tua struttura sarà di nuovo al limite, dovrai prevedere un nuovo investimento e così via.
Quindi, possiamo rappresentare l’aumento dei costi fissi nel tempo con degli scalini:

Aumentare un costo fisso prevede di solito un impegno economico rilevante e un po’ di tempo per essere messo in piedi (per trovare i nuovi spazi, selezionare il personale, o firmare il contratto per un nuovo tornio). Per questo gli aumenti non avvengono nel brevissimo periodo, ma devono essere pianificati in anticipo.
Anche perché non è facile tornare indietro (soprattutto nel breve periodo).
I costi variabili
Vediamo ora l’altra faccia della medaglia. I costi variabili sono quelli che dipendono proporzionalmente dalla quantità di lavoro svolto.
I più importanti costi variabili sono quelli per materie prime e materiali per la realizzazione dei prodotti (nel senso più ampio del termine). Ad esempio, un negozio per animali acquisterà i croccantini “Buoni buoni” (ho inventato il nome, non credo esistano veramente) in base alle vendite. Se ci saranno molte richieste ne acquisteranno di più, se pochi clienti le vorranno di meno.
Un sarto acquisterà una certa quantità di cotone blu se dovrà confezionare 10 camice, ma ne acquisterà il doppio se avrà ricevuto un ordine per 20.
Un avvocato richiederà la consulenza di un perito se richiesto da uno specifico caso.
In tutte queste situazioni, il costo per la merce o il servizio acquistato dipende strettamente dall’andamento del lavoro. E la fluttuazione segue a stretto giro quella delle richieste dei clienti.
Per rappresentare graficamente l’andamento dei costi variabili si usa una linea obliqua.

Al contrario di quanto accade per i costi fissi, l’aumento o la diminuzione di questi costi è molto veloce, quasi all’ordine del giorno.
I costi progressivi e regressivi
Per semplificare abbiamo detto che i costi variabili aumentano proporzionalmente all’aumentare della quantità di lavoro. In realtà non è sempre così. In alcuni casi l’aumento è più che proporzionale, in altri meno.
Il primo è il caso dei costi progressivi, in cui all’aumento della quantità richiesta aumenta il costo unitario del bene (e di conseguenza il costo totale aumenta in maniera più che proporzionale). È il tipico esempio delle ore di straordinario, che costano più delle ore ordinarie. Quindi un 10% di ore di lavoro in più potrebbero corrispondere a un 15% di costo in più (non sono assolutamente numeri realistici, servono solo a chiarire il concetto).
Al contrario, i costi regressivi sono quelli che aumentano in modo meno che proporzionale rispetto alla quantità acquistata. Ad esempio perché è previsto uno sconto per grandi quantità. Quindi, se il nostro negozio compra 1.000 confezioni dei croccantini “Buoni buoni”,costeranno 1.000 Euro (1 Euro a confezione), ma se ne acquista 5.000 il prezzo totale sarà 4.000 Euro (0,80 Euro a confezione).
Esempi di costi fissi, costi variabili e casi particolari
Alcuni costi sono chiaramente fissi o variabili. E la loro classificazione è pressoché universale (salvo casi rarissimi che qui possiamo anche ignorare). Per altri la cosa non è così semplice. Può dipendere dalla natura dell’attività o da come vengono gestiti. In questo caso devi valutare tu in base alla tua situazione in quale categoria inserirli.
Vediamo alcuni esempi.
Esempi di costi fissi
Sono praticamente sempre costi fissi:
- affitti/locazioni
- riscaldamento
- studi di consulenza (commercialista, studio paghe, medico del lavoro, RSPP,…)
- assicurazioni
- spese bancarie (quelle per la tenuta del conto)
- manutenzione ordinaria
- ammortamenti
- ricerca e sviluppo
- dipendenti (con la precisazione di cui abbiamo parlato prima)
- imposte come IMU e TARI
Esempi di costi variabili
Possono essere tranquillamente inseriti tra i costi variabili quelli per:
- merci e materie prime
- consulenti legati a uno specifico progetto (psicologi, ingegneri, grafici,…)
- manutenzione straordinaria
- carburante
- interessi passivi bancari (che dipendono dall’ammontare del debito con le banche)
- imposte sul reddito (che dipendono però dal fatturato, non dalla quantità di lavoro)
Casi particolari
Anche la classificazione dei costi ha le sue zone grigie. Qui ne vediamo alcune, ma non escludo che nella tua attività ne incontrerai altre.
Energia elettrica: quella che serve per l’illuminazione di un negozio o per alimentare le attrezzature di un ufficio è un costo fisso. Ma quella che fornisce la forza motrice a un macchinario, ad esempio un tornio, è variabile. Infatti se il lavoro diminuisce e io dimezzo i tempi di utilizzo della macchina si ridurrà anche il costo dell’energia.
E in alcune imprese è un costo misto: una parte fissa o una variabile. Come nelle officine meccaniche. L’elettricità usata negli uffici è uno costo fisso, quella usata dal tornio variabile. In questo caso è anche abbastanza semplice la suddivisione nelle due categorie perché l’ufficio usa 220 volt, la produzione 380.
In altri casi è più complicato. Prendiamo ad esempio un bar. L’energia elettrica per illuminare l’ambiente e mantenere in stand-by la macchina del caffè è un costo fisso. Quella per fare il caffè a un cliente variabile.
In tutti i casi in cui non è possibile separare la quota fissa da quella variabile puoi usare il principio della prevalenza: valuta se nel tuo caso è maggiore la quota fissa o variabile e metti tutto il costo in quella categoria.
Gas: vale lo stesso discorso dell’energia elettrica. Se serve per scaldare l’acqua in bagno è fisso (e per la maggior parte delle attività sarà così), ma se l’acqua calda viene usata nella produzione o nell’esecuzione del lavoro, come ad esempio per un parrucchiere, è variabile.
Anche qui ci si può appellare alla prevalenza.
Telefono e connessione internet: qui dipende dal contratto. Se hai un abbonamento illimitato e quindi paghi una quota stabile mensile è un costo fisso. Se hai un abbonamento a consumo è variabile. Potrebbe anche essere misto: se il tuo abbonamento comprende 500 minuti di conversazione e 50 giga di navigazione, oltre i quali paghi a consumo puoi considerare la prima parte fissa e la seconda variabile.
Comunicazione e marketing: queste spese sono fisse o variabili, nella maggior parte delle attività entrambe le cose. Ad esempio, il costo del social media marketer che gestisce le tue pagine social quotidianamente o l’agenzia che cura il tuo sito web è un costo fisso. La spesa per la sponsorizzazione di un particolare evento su Facebook è un costo variabile. In questo caso è abbastanza semplice dividere la quota fissa da quella variabile.
Il costo totale
Costi fissi e variabili non sono due mondi indipendenti, ma si incontrano per dare vita al costo totale della tua attività.
I tuoi costi aziendale infatti sono tanto quelli fissi quanto quelli variabili. E deve importarti di entrambi.

A cosa serve conoscere costi fissi e costi variabili
Sapere quali costi caratterizzano la tua attività e a quanto ammontano è il primo passo per fare scelte consapevoli e minimizzare il rischio di fallimento (non puoi mai azzerarlo, questo fa parte del gioco).
Infatti, come abbiamo visto, queste due tipologie di costo ti servono per conoscere il costo totale della tua attività. E di conseguenza comprendere quanto devi fatturare per non andare in perdita.
Inoltre, avere presente questi elementi ti aiuterà a stabilire il budget per un progetto, a fare preventivi per i tuoi clienti e a calcolare il tuo break event point.
È anche fondamentale per decidere se fare o meno un investimento o se accettare un grosso lavoro.
In questi casi infatti potresti dover aumentare i costi fissi, ma prima di farlo assicurati di poterli sostenere anche nel lungo periodo. Se hai fatto una buona analisi della tua situazione attuale e hai preso dimestichezza con questi concetti, ti basterà fare qualche simulazione e poi potrai decidere se gettarti o meno in una nuova avventura.
La consapevolezza non ti impedirà di sbagliare e non ti assicura di non fallire. Ma di certo aumenta le probabilità di successo.
E tu hai già fatto questa classificazione dei costi? O pensi di farlo dopo aver letto il mio articolo?
Fammi sapere come è andata e se hai incontrato tipologie di costo che non ho inserito nei miei elenchi.